Gramsci, ti chiediamo scusa

Gramsci, ti chiediamo scusa

Ma non è invece che è stata l’Unità a suicidarsi? È quello che ho pensato leggendo l’editoriale di Carlo Buttaroni (via).

La crisi dell’Unità è lo specchio della crisi del Paese. […]. E il quotidiano, oggi, è anche il simbolo del precipitato di un settore strategico come l’informazione, senza la quale, al netto di tutte le riforme possibili e immaginabili, nessuna democrazia può dirsi tale.

Se per un verso internet ha reso enormemente meno costoso le pubblicazioni, dall’altro ha trasferito la funzione di filtro qualitativo, […], ai singoli utenti. Tutto questo […] inevitabilmente disorienta e rende più difficile far ritrovare gli individui su un terreno culturale comune.

Forse sbaglio nel caricare di troppe responsabilità un giornale, ma sono convinto che la “crisi del Paese” sia l’effetto, non la causa de “la crisi dell’Unità” (e dei quotidiani in genere). Inoltre, nell’epoca dei Social Media, cosa dovrebbe fare un quotidiano (e, direi, a maggior ragione un quotidiano politico) se non riorientare i cittadini offrendo loro un “terreno culturale comune”?

Il messaggio di speranza alla fine c’è ([…] il nuovo ruolo al quale sono chiamati è quello di approfondimento critico, di analisi, di condivisione su terreni che continuano a essere patrimonio comune.), questo è vero; ma, sarò duro, considerando che dovrebbe esserci un’assunzione di responsabilità che onestamente non vedo (né qui, né qui), io più che “Hanno ucciso l’Unità”, avrei scritto “Gramsci, ti chiediamo scusa”.

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