Il portale del manifesto è l’unico che vuole provare a vivere senza pubblicità. È una sfida che lanciamo insieme ai nostri lettori a tutto un modo di concepire la rete. Costruire un sito senza pubblicità (oltre ai mancati ricavi) è importante soprattutto dal punto di vista editoriale. Vuol dire costruire un sito «pulito», senza «cookie» che tracciano gli utenti (sono pezzettini nascosti di codice che registrano le vostre scelte e i vostri clic), senza strani uffici che decidono dove posizionare gli articoli per catturare i vostri occhi. Con un linguaggio adeguato e non urlato (niente titoli maiuscoli, ad esempio). Non abbiamo nessun bisogno di «tracciarvi» perché noi non vogliamo «contatti» da vendere agli inserzionisti. Non alimentiamo i commenti per attirarne altri. Vogliamo semplicemente offrirvi articoli di qualità che, se troverete interessanti oltre una certa soglia, potrete acquistare abbonandovi al prezzo più equo possibile per noi e per voi (meno di 50 centesimi al giorno, credeteci, è davvero impossibile). È una sperimentazione continua dove cerchiamo di offrirvi un «servizio» più che un «prodotto» vero e proprio. (via)
Del Modello Fotovoltaico, il modello di ecosistema informativo “che ho teorizzato” nel mio libro, ci sono almeno tre aspetti assolutamente non trascurabili:
- l’assenza totale di pubblicità (il pezzo da cui è tratto il brano che ho riportato, proprio per tale ragione, è intitolato “Il rumore bianco del nuovo sito del manifesto”).
- a guidare l’avventura c’è una cooperativa che ha l’obiettivo di acquistare la testata quanto questa sarà messa in vendita dai liquidatori e di diventare “un’impresa editoriale e un’esperienza politica rinnovate che avranno bisogno di un punto di riferimento per la sinistra futura”. Ed è in nome di questo progetto che chiedono il sostegno dei lettori.
- il costo dell’abbonamento, da sottoscrivere al superamento della soglia dei venti articoli settimanali, è dello stesso ordine di grandezza di quello stimato nella mia ricerca (un articolo, due centesimi di euro).
Certo, sul pluralismo ci sarebbe da ridire ma almeno siamo dalla parte giusta! Credo, quindi, ci siano buonissime ragioni perché anch’io sostenga, molto più modestamente di qualcun altro, il Manifesto. E’ inutile dire che vi raccomando di fare altrettanto.