Nel pomeriggio di ieri, a Pescara, in un caldo sempre più strano per essere a Novembre (ma non per questo non gradevole), Luca Sofri, Giuseppe Cruciani e Corrado Formigli hanno discusso dell’aria che tira in giro in uno degli eventi organizzati per l’XI Edizione del Festival delle Letterature dell’Adriatico.
Ecco alcuni appunti che ho preso quando s’è parlato dell’informazione, dei programmi televisivi e radiofonici e dei giornali. In coda qualche mia riflessione.
Giuseppe Cruciani: l’obiettivo è fare ascolti alla radio e gli ascolti si fanno alzando i toni, non abbandonandosi a riflessioni profonde e difficili da seguire perché altrimenti la gente cambia [stazione]. Perché la gente non si deve “rompere i coglioni”.
Luca Sofri: i giornali sono dei prodotti ed è sbagliato condannare il fatto che siano alla ricerca dei numeri esattamente come sbagliato sarebbe condannare un gommista per il fatto che bada solo a vendere più pneumatici possibile.
Corrado Formigli #1: il talk show televisivo è complicato perché, per farlo bene, devi consumare le risorse umane grazie alle quali il talk show stesso può avere luogo. Bisogna fare gli equilibristi. Si fa fatica a tenere aperto “Piazza Pulita” perché il lavoro onesto da parte nostra comporta che poi il politico non viene più preferendo ambienti meno scomodi.
Corrado Formigli #2: La settimana scorsa ho proposto una anteprima dell’inchiesta che avremmo presentato Lunedì su una truffa della cassa integrazione. Bene, soltanto il Fatto Quotidiano l’ha proposta. Repubblica e Corriere, che ci accusano di fare soltanto risse, no. In compenso ha sbattuto in home page il match tra Aldo Busi e la Gelmini.
Il problema è che c’è comunque un compromesso. Anche Formigli, nalla puntata dell’ultimo Lunedì, forse per trainare l’attenzione sull’inchiesta della cassa integrazione-truffa, ha dovuto miscelare due provocatori. Il compromesso è fatto nel nome dell’audience.
Sarà pur vero, come dice Luca Sofri, che il giornale è un prodotto, ma un giornalista non è un gommista. Il giornalista deve indirizzare l’opinione pubblica nel nome di ciò che è importante, non nel nome di ciò che è interessante. Il giornalista deve contribuire alla svolta culturale, non assecondarne la decadenza.
E se il problema è (e lo è, purtroppo!) la retribuzione di un lavoro, beh, la soluzione del problema non è nelle inserzioni pubblicitarie ma in un sistema opportunamente avviato dallo Stato.
Che si insegni, a partire dalle scuole, ai cittadini che informarsi è importante; si dica loro che non tutta l’informazione è di qualità; li si incoraggino a discriminare ciò che serve da ciò che non serve e che, ciò che serve, va pagato. Si conceda, quindi, un credito di acquisto per le notizie (online) ai cittadini si inneschi un processo virtuoso.
#1news2cents è una proposta che, con il passare del tempo, ascoltando riflessioni sull’Informazione, sempre più orgogliosamente definisco Politica!